mercoledì 15 giugno 2011

I VIGILI DEL FUOCO ,IN SERVIZIO UOMINI VERI,SOLIDALI,SENZA PAURA DI LACRIME AGLI OCCHI.

Il tempo degli Eroi appartiene al Mito,alla fiction ,alle sale cinematografiche. Ci sono uomini che ogni giorno vivono insieme per dodici ore,sono in divisa ,condividono camerate e mensa,partenze ed interventi,sono i VIGILI DEL FUOCO. Hanno ispirato film,racconti,leggende,appartengono all’immaginario collettivo dell’Eroe che indomito si tuffa tra le fiamme ed il fuoco. Conosco il mondo dei Vigili del Fuoco,l’ho attraversato per motivi professionali dal 1990 al 2008,spostandomi da piccole caserme disagiate,da aeroporto a caserma centrale,da Reggio a Siderno,Polistena,Melito,Gioia Tauro,Palmi,Bianco. Un universo umano vario e variegato,dai Vigili del Fuoco anziani,che appartenevano alle schiere di concorsi degli anni sessanta,dove si svolgevano le prove pratiche,dove bisognava sapere costruire un muro,essere fontanieri,elettricisti,carpentieri,perché Pompiere significava essere “tutto”.Aprire porte con anziani chiusi in casa,aprire lamiere d’auto con cesoie con gente da salvare,usare gli idranti negli incendi. Un mondo che cambia,in passato fatto di piccoli corpi di guardia,dove stava solo una persona ed un centralino a cui arrivavano le chiamate anche per il soccorso ambulanza. Un giorno ricordo che arrivò una telefonata di soccorso e di corsa in soli dieci secondi l’autista e l’assistente salirono sull’ambulanza e partirono. Questa è la Mission,per usare un termine moderno, che scava nelle nostre giornate. Le immagini scorrono troppo in fretta,con migliaia di mani strette,con riunioni e consulenze,tante piccole storie che si compongono. A volte sono troppo nascosti i pompieri dalle luci della ribalta,troppo semplici forse,non “Super Eroi”,ma gente di cui ti puoi fidare,che chiami per salvare il solito gattino che scappa su un albero,o per liberarti dall’ascensore che diventa sempre meno respirabile quando rimani bloccato dentro. La semplicità è la grandezza della loro azione,delle sirene della notte che squarciano il silenzio,le fiamme alte che avvolgono auto ed il pericolo che incombe ,anche quando d’estate per dodici ore di seguito cerchi di spegnere un incendio boschivo appiccato dal solito sciacallo. Dodici ore insieme loro in divisa verde e pantaloni con le strisce orizzontali gialle,un gruppo di uomini che vivono e si scambiamo porzioni di ricordi,di racconti,ma vivono anche il tempo degli addestramenti,degli aggiornamenti professionali. Gli anni passano ,la tecnologia regala nuovi metodi,oggi le sale operative sono un gioiello di informatica. Computers,centraline audio,video controlli di videocamere cittadine,personale specializzato.Un mondo che rimane però sempre eroico nell’immaginario collettivo dei camion con le scale che si alzano,ultimo romantico frammento di storia,mentre oggi sofisticati software nei camion comandano azioni importanti. Cambiano gli anni ed è sempre più alta la specializzazione,dai pareri di conformità e staticità di edifici,di controlli sicurezza,di interventi su problemi di inquinamento,corpi specializzati sommozzatori,squadre soccorso fluviale,corpo cinofilo,tutto un mondo tecnico e specializzato che ha il cuore e l’anima del Vigile del Fuoco che lo spinge.
Si potrebbe scrivere tanto,ma le parole a volte non rendono il senso del vivere in caserma,dodici ore insieme,dove il tempo è una variabile instabile,dove la prima partenza è sempre pronta al soccorso,dove le squadre sono sempre in tensione,ma gli uomini sono semplici e tra loro solidali e la divisa è solo il collante simbolico di un forte ed omogeneo corpo unico. A volte il destino scompiglia tutto,dalla famiglia pompieri va via un componente in modo tragico e cade il mondo intorno. Tredici giugno duemilaundici,Capo Reparto Esperto Lillo Latella,qualcuno ti chiama dal Paradiso,non compone il 115,ma strappa fortemente gli affetti,il cameratismo dei colleghi .L’ultimo viaggio sull’autoscala con la bandiera tricolore ,il casco,i fiori e la mano del tuo collega sulla bara,i suoi occhi di lacrime,il suo volto disfatto,innalzano al cielo il dolore di chi resta in terra senza un padre,un marito,un fratello,un parente,un amico e un collega.
Senza paura di lacrime agli occhi
Fulvio D’Ascola
Foto gentilmente concessa da Marco Costantino

giovedì 2 giugno 2011

RINO GAETANO,via Nomentana 2 giugno 1981,la fine della vita,l’inizio del Mito.

Notte del 2 giugno 1981,una Roma sonnolenta è svegliata da un forte botto nella via Nomentana.Una Volvo 343 si schianta contro un camion,il conducente è gravissimo, muore in ospedale per le gravissime ferite,a pochi giorni dalla data del suo matrimonio. Il conducente si chiama Salvatore Antonio Gaetano,nato a Crotone il 29 ottobre 1950,professione cantautore. Sono passati tre decenni dalla scomparsa e Rino Gaetano vive nella grandezza della Musica. I suoi esordi al Folkstudio di Roma tra Venditti e De Gregori e la fucina di talenti della scuderia discografica della “It” di Vincenzo Micocci,sono i primi passi per un ragazzo calabrese che nel 1973,anni in cui il pop melodico e poetico italiano degli Alunni del Sole ,divideva gli scenari con il Prog di Pfm,Osanna,Banco del Mutuo Soccorso,Orme ed i primi vagiti dei cantautori. Il suo primo album “Ingresso libero” nel 1974,contiene perle come “Ad esempio a me piace il sud” e “I tuoi occhi sono pieni di sale” ,ma il successo arriva l’anno successivo con il 45 giri “Il cielo è sempre più blu”.
Il suo modo di cantare è in antitesi con lo stile di interpreti classici quali Al Bano,Nicola Di Bari,Gianni Morandi,la sua intonazione non è delle migliori,ma la sua forza sono i testi,il suo modo un po’ “spiancicato” del mostrarsi,Rino Gaetano trasuda anima ,ironia,leggera protesta verso una società italiana che attraversa gli anni del compromesso storico,di post strategia della tensione,del perdersi tra le righe del sessantotto,in una crisi entrante nell’austerity delle domeniche senza auto .Anni bui per l’Italia,le sue canzoni iniziano ad avere una grande presa tra i giovani “« C'è qualcuno che vuole mettermi il bavaglio! Io non li temo! Non ci riusciranno! Sento che, in futuro, le mie canzoni saranno cantate dalle prossime generazioni! Che, grazie alla comunicazione di massa, capiranno cosa voglio dire questa sera! Capiranno e apriranno gli occhi, anziché averli pieni di sale! E si chiederanno cosa succedeva sulla spiaggia di Capocotta. ».Queste erano le parole pronunciate prima di un concerto negli anni della sua massima notorietà. Il successo arriva nel 1978 con la ribalta del Festival di Sanremo,”Gianna” conquista il podio,dietro Matia Bazar ed Anna Oxa,mostri sacri della musica italiana di quei tempi,ma diventa dirompente con “Nuntereggae più”,una canzone in stile con la musica di Bob Marley che spopolava quell’anno ed un testo che era un lungo elenco di nomi di personaggi,di uomini politici,dello sport e dello spettacolo che allora erano sulle prime pagine dei giornali .Il tempo inesorabile è come un fiume che scava il letto,è inutile perdersi in elogi ed elegie per un artista,anche il senso dell’Arte può essere ribaltato,quando gli estetismi diventano parole,cappello a cilindro,un cane a guinzaglio ed un viso non da rock star. Rino Gaetano era tutto questo,vero,originale,andava dritto al senso delle cose.Il cantautore colpiva per il suo modo di essere,un corpo estraneo ,diverso dai politici Guccini,Lolli,dei romani De Gregori,Venditti,dal sentimentale Baglioni.Lui cantava di sud,di viole che sfiorivano,di operai della Fiat ,di paesaggi e luoghi,di stanze,di contadini,di zappe,di vanghe. Nulla resta di fisico,ma tantissimo rimane nell’aria,nel cielo sempre più blu,perché mio fratello è figlio unico,l’arte,la musica,le emozioni di Rino Gaetano sono sempre lì,da cogliere ,ma senza occhi pieni di sale.
2 giugno 1981,via Nomentana Roma,una Volvo 343 si schianta contro un camion…..